domenica 2 dicembre 2012

Il prigioniero Ivan


La vendetta di Ivan

Racconto storico
di
Bruno Agosti
Erano gli anni tragici e tristi della prima guerra mondiale, quando le truppe dell’impero Austro-ungarico combattevano contro le truppe dello Zar delle Russie Nicola  secondo, potevano essere gli anni che vanno dal 1914 al 1917, perché  dopo quella data, in Russia ci fu la rivoluzione di ottobre che destituì lo Zar,e pose immediatamente fine alla guerra, secondo i principi ideologici che stavano alla base della rivoluzione stessa. Fino a quel momento però i soldati dei due eserciti si e combattuti in numerose ed aspre battaglie ai confini dei due grandi Imperi, con gravi perdite di vite umane da entrambi le parti, e migliaia di prigionieri, sia Austriaci che Russi.  Parte di questi prigionieri russi, vennero deportati dagli austriaci nelle zone interne dell’impero, ed adibiti al lavoro agricolo a sostegno delle famiglie dell’impero che avevano gli uomini, giovani e validi, al fronte.  Così anche nei nostri paesi che a quel tempo facevano parte integrante dell’ impero Austro-ungarico, all’estremità occidentale dell’impero, vennero destinati , per l’ aiuto nei campi alle famiglie che ne avevano bisogno,dei prigionieri di guerra Russi, uno per famiglia.  Anche nel borgo di Preghena, venne destinato un gruppo di prigionieri russi, dei ragazzoni dall’ indole buona , prevalentemente di origini contadine ,arruolati dal loro Zar e rovesciati nella tragedia di quel mattatoio che fu la Grande guerra, fortunati e felici di essere ancora vivi e abbastanza lontani dal fronte della guerra, certi ,comunque fossero andati gli eventi bellici, che per loro la guerra era finita. Il corpo di guardia era costituto da un piccolo distaccamento di soldati Austriaci, non più giovani , e quindi destinati alle retrovie del fronte,per compiti di sorveglianza dei prigionieri o altre mansioni non direttamente belliche, ed erano alloggiati nell’ abitazione vicina all’attuale Cooperativa di consumo alimentare di Preghena, in quelli appartamenti “sotto il ponte” . 
Erano dei giovanotti tranquilli,abituati al duro lavoro dei campi nella loro immensa terra di Russia, e quindi si integrarono presto nella  società agraria di allora aiutando in modo valido le famiglie alle quali erano stati assegnati. Anche il soldato Ivan, così chiamerò il prigioniero russo, non essendo riuscito a trovare riscontri sul suo vero nome, catapultato dagli eventi bellici, dalle lontane isbe della steppa, alle montagne del Tirolo, ed assegnato ad una famiglia di Preghena dal destino, tutti i giorni si recava nei campi di proprietà della famiglia a cui era stato assegnato, a prestare il suo lavoro coatto. Era tempo di guerra, e di conseguenza tempo di grandi privazioni per le popolazioni civili, in quanto lo Stato finalizzava gran parte delle risorse per lo sforzo bellico, quindi la fame ed i suoi derivati erano stabile compagnia delle popolazioni si tutte le nazioni belligeranti.   Così la fame imperversava tra la popolazione civile, alle prese con i razionamenti imposti dalle leggi di guerra, figuriamoci come potevano stare i prigionieri, che oltre ad essere dei nemici, erano anche considerati delle bocche parassite… Così era anche per il soldato Ivan,prigioniero russo dell’ Esercito imperiale Austro-ungarico, destinato al lavoro coatto nel paese di Preghena, al quale il rancio non era sufficiente a sfamarlo considerata la sua giovane età e la fame arretrata. Così , un giorno, Ivan decise di andare a procurarsi del cibo nei campi di patate della zona, che allora erano numerosi, essendo la patata una delle prime fonti di alimentazione delle popolazioni di queste zone, si diresse in un campo di patate di proprietà del signor Maninfior Serafino, che in quel periodo era stato richiamato ed era in guerra con i soldati Austriaci in qualche parte del fronte di guerra, ma che in quei giorni era tornato al paese per una breve licenza di riposo. Non è noto se  il soldato Ivan fosse la prima volta che andava a rubare patate nel campo del signor Serafino, ma quella fu per lui l’ ultima, il proprietario lo vide dalla finestra della sua abitazione, imbracciò il fucile da guerra che aveva in dotazione e che si era portato a casa secondo il regolamento militare di guerra,prese accuratamente la mira e fece fuoco sul povero Ivan, colpevole solo di aver fame , e punito per aver rubato alcune patate, con la pena più alta che tutti i codici penali civili e militari possano prevedere : la morte. Pur essendosi macchiato di un gravissimo reato, il signor Maninfior non venne mai perseguito dalla legge austriaca, in quanto soldato dell’Imperatore, e quindi potè godere di una speciale immunità , ma al di là dell’immunità, probabilmente il fatto venne archiviato come un incidente, con protagonista un prigioniero di guerra, e fu facile insabbiare il caso, e mettere tutti a tacere, ed anche nell’ registro dei morti della parrocchia di Preghena, non risulta alcun nome che posa essere attribuito al giovane prigioniero russo, ed anche le testimonianze storiche tramandate degli anziani, si fermano al momento della morte del prigioniero. Così, per la giustizia terrena, esercitata ed applicata dall’uomo, il caso venne archiviato in poco tempo, e del  soldato dello Zar fatto prigioniero dagli austro-ungarici, ci si scordò presto e probabilmente le autorità militari Russe avranno considerato il sodato Ivan, un disperso in battaglia,oppure eroicamente caduto per la Patria, ma non morto fucilato in un campo di patate di un piccolo villaggio ai confini dell’Impero, mente combatteva la sua personale guerra contro la fame. La guerra, finalmente nel 1918 ebbe termine, ponendo fine alla collettiva mattanza della gioventù mondiale , ed un breve periodo di pace si impose nel mondo. Il signor Maninfior Serafino, tornò a casa dalla guerra e riprese la sua vita di contadino, accanto alla moglie Agata Maninfior , che aveva sposato il 2 agosto 1911, e dalla quale ebbe un foglio che chiamò Serafino, come lui.
La vita sembrò trascorrere tranquilla nel piccolo villaggio agricolo di Preghena, ora annesso al Regno d’ Italia, considerato che l’Austria aveva perso la guerra e di conseguenza tutti i territori che furono motivo delle ostilità furono annessi alle potenze vincitrici. Il ricordo del prigioniero russo, restò un episodio imbarazzante nella storia locale, e presto venne rimosso dal pensiero e dal ricordo ufficiale, almeno fino all' inverno del 1920, quando un episodio drammatico riportò alla memoria collettiva il giovane prigioniero russo Ivan. Un giorno di febbraio di quell'  inverno del 1920, il signor Maninfior Serafino, si recò nel campo dove era morto il prigioniero, e dove c’era una pianta di gelso molto grande, il signor Maninfior vi salì su, probabilmente per eseguire dei lavori di potatura alla pianta,ma dopo un po’, perse l’equilibrio e cadde con la schiena sul terreno gelato, la brutta caduta gli provoco una grave lesione alla colonna vertebrale con l’immediata paralisi degli arti inferiori.    Il trauma fù gravissimo, a portò a rapida morte il signor Maninfior, come recita , con dovizia di particolari,il Parroco della Comunità di Preghena, che racconta così l’accaduto.
Dal Registro dei morti della Parrocchia  di Preghena
Volume II  Pagina 140.
21 febbraio 1920  ore 14:00- moriva
MANINFIOR  SERAFINO
Fu  Antonio e fu Adelaide Preghenella
ammogliato con Agata Maninfior.
Di professione contadino.
Per caduta accidentale da un gelso, si ruppe la spina dorsale;
dopo lunga sofferenza, ricevuti i SS. Sacramenti, morì e fu sepolto il 23 del mese.
Causa della morte: Mielite traumatica degli arti inferiori e decubito.
Era nato il 31 maggio 1886.
Aveva celebrato il matrimonio il 02 agosto 1911.
Quando morì aveva trentatre anni.

Il Parroco di allora, definì accidentale la morte del signor Maninfior Serafino, e sicuramente lo fù, ma la fantasia popolare volle classificare come un episodio molto strano, dalle troppe analogie con la fine drammatica del prigioniero russo, e volle creare un alone di mistero che rievocava una forma di vendetta da parte dl prigioniero ucciso, nei confronti del suo assassino… ma fu sicuramente un incidente casuale.

Illu
La moglie di Serafino, signora Agata, rimase sola con il figlio Serafino e continuò i lavori nei campi, forse rimpiangendo il tempo passato, quando ad aiutare i contadini locali, c’erano i prigionieri russi .
Nel 1940 , l’Italia scese nuovamente in guerra, e tutti gli amici della prima guerra mondiale, divennero nemici, compresa la Russia,che nel frattempo era diventata bolscevica e comunista. Così il figlio della vedova Maninfior, Serafino, venne chiamato a prestare il servizio militare di leva, negli alpini, ed all’ inizio delle ostilità contro la Russia, venne spedito,con i reparti alpini alla conquista di quelle terre lontane,dalle quali non fece mai più ritorno, sparito, chissà come e chissà dove, travolto dagli eventi bellici, assieme a migliaia di  altri soldati italiani, nella gelida steppa Russa.

Ma forse, anche questo, fu un destino…


Nessun commento:

Posta un commento